In quasi tutte le aziende si stente dire “occorre fare squadra”, un specie di “serrate i ranghi” di bellicosa memoria. Le intenzioni sono sincere, certo, ma non sempre il processo che realizza questa intenzione è coerente. Gli imprenditori e i loro manager sanno che, prendendo spunto delle attività sportive, è solo lo spirito di coesione che ha un team vincente che può fare la differenza.
Quando si va a misurare con il TVS – Team Vital Signs (strumento di assessment basato sull’Intelligenza Emotiva dei team aziendali di SixSeconds), riscontriamo che solo il 40, al massimo il 50 per cento delle persone è veramente coinvolta. Gli altri sono neutrali o demotivati.
La frustrazione e la demotivazione è spesso frutto dell’incoerenza che le persone riscontrano tra le dichiarazioni ed i comportamenti reali come: i processi, il sistema incentivante (quasi sempre legato alle prestazioni individuali), l’enfasi eccessiva sull’efficienza, ecc..
In un interessante articolo di Fabio Milani “La formazione della collaborazione” si affronta questo aspetto partendo da una semplice citazione di una signora di novantadue anni: “ È più facile lavorare con chi non ti paga che con chi non ti capisce” (Iolanda Onorati). Il contesto di supporto, i riconoscimenti, la governance aziendale… tutto dovrebbe essere allineato alle forze centripete generate dai team aziendali.
In un altro articolo si affronta questa tematica partendo dalla tecnologia abilitante la collaborazione nei team e all’interno dell’azienda: “Tecnologie collaborative: verso l’azienda connected” in cui si evidenzia che un intervento sulla cultura dell’azienda e sullo stile della leadership. Senza queste scelte e questi passaggi avremo, nei migliori casi concreti, dei team eccellenti in aziende statiche che stentano a rinnovare il ciclo di vita della propria offerta di prodotti e servizi. Non ci sono scorciatoie tecnologiche… che non basta acquistare una sistema di collaboration (intranet, social network interni, ecc.), per avviare dei team collaborativi.