Una cosa è certa: il combinato disposto tra Cultura Organizzativa delle aziende e la conseguente attività formativa e la diffusione della dotazione tecnologica e della connettività poneva l’Italia tra gli ultimi posti nel remote/smart working prima della pandemia tra gli ultimo posti: i dati della figura sotto riportata suggeriscono che in generale, in Italia, il lavoro senza vincoli di orari e di luogo è (o quantomeno era, sino a prima della pandemia) molto meno diffuso rispetto al resto d’Europa.
Dati: Eurofound e International Labour Organization (Ilo – 2017) hanno pubblicato il report Working Anytime, Anywhere: The Effects on the World of Work con l’obiettivo di indagare l’impatto sulla popolazione lavorativa del T/Ictm – Telework/Ict-Mobile work.
Eurofound e International Labour Organization: Indici di autonomia e intensità in relazione al lavoro al di fuori dei locali del datore di lavoro e frequenza di utilizzo delle TIC.
Le categorie sono: telelavoratore regolare da casa, lavoratore mobile con elevato numero di T/IctM – Telework/Ict-Mobile work, lavoratore occasionale di T/IctM – Telework/Ict-Mobile work e lavoratore che lavora sempre in azienda. I lavoratori ad alto contenuto di TIC hanno un alto livello di utilizzo delle TIC. Gli altri gruppi hanno un utilizzo delle TIC medio-basso o nullo.
Da quest’ultimo grafico abbiamo un’evidenza: la correlazione tra autonomia del lavoratore e l’utilizzo della tecnologia con una correlazione più elevata se coadiuvata dal Remote/Smart Working. Possiamo dire che autonomia/tecnologia sono reciprocamente sinergici? Credo di sì, la tecnologia è abilitante ma la semplice acquisizione della tecnologia non genera automaticamente nuove competenze e cambiamenti significativi della Cultura Organizzativa. Siamo sempre lì, che dà le carte è la Cultura Organizzativa è da lì che occorre partire, con un’attività formativa che consenta alle aziende di capire che cultura gli serve per raggiungere i risultati che hanno pianificato.