Il pensiero sistemico è un modo di guardare il mondo che ci circonda come un insieme di elementi interconnessi, piuttosto che come singoli componenti isolati. Questo tipo di pensiero è particolarmente utile per navigare in un sistema complesso e adattivo come il sistema educativo, dove molte variabili interagiscono tra loro. Peter Senge ha identificato 11 leggi del System Thinking, o verità, che possono aiutare i leader a guidare la strada attraverso le acque agitate che spesso affliggono l’istruzione.
In questo articolo, esploreremo come utilizzare l’impegno all’interno di un’organizzazione per ridurre le conseguenze indesiderate delle decisioni e garantire una navigazione chiara. Come dice il vecchio adagio, “i problemi di oggi nascono dalle soluzioni di ieri”, quindi è fondamentale adottare un approccio di pensiero sistemico per affrontare le sfide dell’istruzione odierna.
Il cambiamento e il vincolo della resistenza nelle undici leggi del System Thinking richiede quindi un approfondimento sul tema del cambiamento organizzativo e dei comportamenti delle persone all’interno della Teoria dei Vincoli sviluppata da Eliyahu M. Goldratt ancora trent’anni or sono. Il System Thinking di Peter Senge, sviluppata negli anni novanta e la Teoria dei Vincoli, nata negli anni ottanta, rappresentano dei classici. I classici hanno la caratteristica di rappresentare i fondamentali: i punti di riferimento dai quali attingere, sempre!

1. Ci piace risolvere i problemi. 

Affrontare i problemi può essere una fonte di soddisfazione per molte persone, ma è importante notare che spesso i problemi che ci troviamo ad affrontare sono il risultato delle decisioni prese in passato, a livello individuale o collettivo. Ciò significa che risolvere un problema non garantisce necessariamente che non ci sarà un altro problema in futuro. La Teoria dei Vincoli può offrire un approccio utile per affrontare questo problema.

  1. In primo luogo, la teoria suggerisce di identificare il vincolo del sistema, cioè il punto in cui il flusso di lavoro è rallentato. Questo può essere applicato anche alla risoluzione dei problemi: identificare il vincolo può aiutare a individuare le cause profonde del problema e concentrare gli sforzi sulla soluzione.
  2. In secondo luogo, la Teoria dei Vincoli suggerisce di sfruttare le potenzialità del vincolo, ovvero di massimizzare la capacità del sistema di realizzare il lavoro: la produttività. Questo può essere applicato alla risoluzione dei problemi coinvolgendo una comunità più ampia nella ricerca di soluzioni. Un gruppo numeroso e diversificato di persone può contribuire con idee innovative e prospettive diverse, aumentando la probabilità di trovare una soluzione efficace e prevenendo conseguenze indesiderate.
  3. In terzo luogo, la Teoria dei Vincoli suggerisce di sincronizzare l’Organizzazione vista come “sistema”, subordinando ogni azione al vincolo identificato e alle sue potenzialità. Questo può essere applicato alla risoluzione dei problemi coinvolgendo l’Organizzazione nella fase di implementazione delle soluzioni, in modo da garantire che le azioni siano coerenti con l’obiettivo finale e massimizzino le prestazioni del sistema nel suo complesso.
  4. Infine, la Teoria dei Vincoli sottolinea l’importanza della misurazione e del controllo economico per orientare i comportamenti e le azioni verso il raggiungimento dell’obiettivo finale. Questo può essere applicato alla risoluzione dei problemi attraverso l’implementazione di un sistema di misurazione e controllo che tenga conto dei risultati ottenuti e degli impatti a lungo termine delle soluzioni adottate.

In sintesi, coinvolgere una comunità ampia e diversificata nella risoluzione dei problemi può offrire un approccio più completo ed efficace rispetto alla soluzione individuale.

2. Più spingi forte, più il sistema spinge indietro.

Questo è, nel gergo del pensiero sistemico, un “feedback di compensazione” (compensating feedback) dovuto al principio omeostatico che spinge ogni sistema al mantenimento di un stato di equilibrio determinato dallo status quo.
Il feedback di compensazione è quindi un principio importante del pensiero sistemico che si applica a molti aspetti della vita, compresi gli affari e il benessere personale. Quando cerchiamo di spingere duramente per ottenere ciò che vogliamo, spesso il sistema spinge indietro, causando conseguenze indesiderate. Ad esempio, nelle conversazioni, se cerchiamo di argomentare il nostro punto di vista in modo troppo aggressivo, potremmo far sì che l’altra persona si aggrappi ancora più saldamente alla sua posizione. Questo fenomeno può essere osservato anche nei programmi governativi, dove gli interventi per migliorare la vita di un gruppo di persone possono portare a conseguenze impreviste e indesiderate.

Per evitare di incorrere in questo tipo di feedback di compensazione, la Teoria dei Vincoli suggerisce di lavorare con il sistema anziché contro di esso. Invece di cercare di forzare una soluzione, è importante permettere al sistema di trovare le proprie soluzioni.
Questo approccio è utilizzato a piene mani dal Coaching e può significare coinvolgere la comunità o gli interessati nel processo decisionale, in modo da garantire che tutte le prospettive siano considerate e che le conseguenze indesiderate siano anticipate e gestite. Per il Coaching è importante aiutare i propri clienti a sviluppare una mentalità sistemica e a comprendere il feedback di compensazione. Ciò significa lavorare con loro per identificare i sistemi e i processi coinvolti nei loro problemi e trovare soluzioni che tengano conto delle conseguenze indesiderate potenziali. Inoltre, è importante incoraggiare i le Organizzazioni a coinvolgere gli interessati e le parti interessate nel processo di risoluzione dei problemi, in modo da ottenere un maggiore consenso e una maggiore sostenibilità delle soluzioni implementate.

In sintesi, il feedback di compensazione può avere conseguenze indesiderate e spingere il sistema nella direzione opposta a quella desiderata. Attraverso l’applicazione della Teoria dei Vincoli e del pensiero sistemico, è possibile trovare soluzioni che tengano conto di questo principio e che coinvolgano le parti interessate per garantire la sostenibilità delle soluzioni implementate.

Ascolta il consiglio di Margaret Wheatley: … un sistema vivente si forma da interessi condivisi, ogni cambiamento risulta da un cambiamento di significato, ogni sistema vivente è libero di scegliere se cambiare e i sistemi contengono le proprie soluzioni.

Il ruolo della leadership è invitare le persone a entrare nel processo di cambiamento, coinvolgere l’Organizzazione e creare un ambiente sicuro in cui le idee possano crescere. Senza una leadership forte, coinvolgente e lungimirante, se ogni sistema vivente è libero di scegliere se cambiare, potrebbe succedere che la resistenza al cambiamento prevalga, per scelta omeostatica: tutte le aziende hanno, infatti, un ciclo di vita e possono scegliere di morire piuttosto che evolversi.

3. Il comportamento migliora prima di peggiorare.

A volte questo si vede quando le organizzazioni sono più interessate al controllo delle impressioni che ad affrontare il problema reale. Coinvolgere le persone, i team, i reparti, le parti interessate dell’Azienda nella risoluzione dei problemi e nella ricerca di soluzioni può virtualmente eliminare questo, a condizione che l’arena per il coinvolgimento riduca i pregiudizi e consenta alle idee e alle potenziali soluzioni di elevarsi al di sopra delle personalità e della politica.

Il comportamento migliora prima di peggiorare perché quando iniziamo a lavorare su un problema, ci concentriamo sulla sua soluzione. Ci sentiamo motivati e impegnati e questo ci aiuta a fare progressi iniziali. Tuttavia, a volte le soluzioni temporanee o parziali possono mascherare il vero problema sottostante, che alla fine riemergerà e si ripresenterà.

Questa dinamica può essere particolarmente evidente quando le organizzazioni cercano di gestire le loro immagini pubbliche piuttosto che affrontare i problemi reali. Tuttavia, coinvolgere le parti interessate nella risoluzione dei problemi può aiutare a prevenire questo ciclo di miglioramento temporaneo seguito da un peggioramento.

Le persone, i team, i reparti, le parti interessate dell’Azienda hanno una prospettiva unica sui problemi e possono fornire una ricchezza di idee e soluzioni potenziali. Quando coinvolgiamo le parti interessate nel processo di risoluzione dei problemi, stiamo anche creando un’arena in cui le idee possono emergere al di sopra della politica e della personalità.

La teoria dei vincoli ci insegna che la risoluzione dei problemi deve essere un processo continuo e iterativo. Dobbiamo guardare oltre le soluzioni temporanee e cercare di individuare il vero problema sottostante per poter risolverlo una volta per tutte. Coinvolgere le parti interessate e mantenere una prospettiva sistemica può aiutare a prevenire il ciclo di miglioramento temporaneo seguito da un peggioramento.

4. La via di uscita più facile solitamente riporta all’interno del problema

La facile via d’uscita di solito porta a rientrare, come afferma la legge dello strumento di Kaplan e la riformulazione di Maslow “Se tutto ciò che hai è un martello, tutto sembra un chiodo“. Questo atteggiamento rappresenta una sfida alla zona di comfort, poiché quando qualcosa funziona, si tende a riutilizzarlo, anche se ciò può non essere la soluzione più efficace per problemi complessi.
Questo è dove entra in gioco il rasoio di Occam. Secondo il rasoio di Occam, quando si cercano soluzioni a un problema, bisogna scegliere sempre la spiegazione più semplice tra quelle disponibili. In altre parole, non bisogna cercare di complicare inutilmente le cose. Questo principio è particolarmente importante in ambito di business coaching, dove la semplicità e l’efficienza sono spesso le chiavi per il successo.

Ciò non significa che si debba scegliere la soluzione più facile, ma piuttosto quella più semplice, che interpreti la complessità, e che richiede il minor numero di ipotesi, processi e strumenti, senza sacrificare la qualità o l’efficacia. Per questo motivo, coinvolgere i membri della propria comunità può essere un approccio molto efficace, poiché fornisce informazioni utili e una serie diversificata di strumenti da applicare al problema.

In sintesi, la legge dello strumento e il rasoio di Occam ci ricordano che la semplicità e l’efficienza sono fondamentali nella risoluzione dei problemi complessi. Scegliere la soluzione più semplice e coinvolgere la propria comunità possono aiutare a superare la zona di comfort e a trovare soluzioni efficaci e durature.

5. La cura può essere peggiore della malattia.

Questo è anche chiamato “spostamento dell’onere” ed è facile da confondere con la legge push/respingimento. Tuttavia è leggermente diverso e può verificarsi contemporaneamente. 
La “cura” in questo caso è un intervento che è abilitante e crea dipendenza. Man mano che la dipendenza dall’intervento aumenta, la capacità del sistema di curarsi diminuisce. Si tratta della differenza tra dare un pesce a un uomo e insegnargli a pescare. 
Se è necessario un intervento, dobbiamo assicurarci che l’intervento non indebolisca l’intero sistema causando sempre più dipendenza. Ad esempio l’istruzione pubblica ha spostato l’onere dell’insegnamento ai bambini dai genitori agli insegnanti. 
Coinvolgere le parti interessate nella definizione dei problemi e nella ricerca di soluzioni mantiene l’onere al suo posto, condiviso nell’intero sistema e non solo su una parte di esso.

6. Più veloce è più lento.

La velocità del cambiamento è un fattore critico nel System Thinking. Troppo rapido, e il cambiamento potrebbe essere troppo radicale e non sostenibile. Tuttavia, se il cambiamento è troppo lento, il sistema potrebbe rimanere bloccato in un vecchio modello di pensiero o comportamento.

Inoltre, la resistenza al cambiamento è un fattore comune nella maggior parte dei sistemi. Secondo Edgar Schein, autore di “Process Consultation Revisited: Building the Helping Relationship,” la resistenza al cambiamento può derivare dal fatto che le persone si sentono minacciate dal cambiamento stesso o perché non vedono il valore nel nuovo modo di fare le cose. In entrambi i casi, è importante affrontare le preoccupazioni delle persone coinvolte e coinvolgerle attivamente nel processo di cambiamento.

Infine, come sottolinea ancora Senge in “The Fifth Discipline: The Art and Practice of the Learning Organization,” il cambiamento deve essere sostenibile e duraturo nel tempo. Ciò richiede un approccio sistematico, la creazione di un ambiente di apprendimento continuo e il coinvolgimento di tutte le parti interessate nel processo di cambiamento.

7. Causa ed effetto non sono strettamente correlati nel tempo e nello spazio.

Il tema della relazione tra causa ed effetto è stato oggetto di interesse per molti filosofi e scienziati nel corso dei secoli. Tuttavia, anche nella vita quotidiana, ci confrontiamo spesso con situazioni in cui la relazione tra causa ed effetto non è così diretta come potremmo pensare. Ad esempio, nel caso dell’ascensore o della doccia, potremmo premere il pulsante dell’ascensore molte volte senza che l’ascensore arrivi subito, o potremmo dover regolare l’acqua della doccia più volte prima di ottenere la temperatura desiderata.

Questo concetto è stato anche discusso in relazione alla leadership e all’impatto sociale. In un articolo del 2015 su Harvard Business Review, “Why Cause-and-Effect Thinking is Critical for Leaders”, l’autore Roger Martin sostiene che “il pensiero causa-effetto è il tipo di pensiero che conduce alla comprensione più profonda e, in ultima analisi, alla capacità di migliorare la condizione umana“.

Inoltre, un articolo del 2017 pubblicato su Nature, “The Elusive Nature of Cause and Effect”, esplora come la comprensione della relazione tra causa ed effetto sia fondamentale per la scienza e la tecnologia, ma anche come questa relazione non sempre sia chiara o diretta. L’autore sottolinea che “la scienza non si basa solo su cause ed effetti, ma anche su relazioni complesse e contestuali che possono essere difficili da capire e definire”.

La relazione tra causa ed effetto non è sempre così diretta come potremmo pensare, e ciò può avere implicazioni per la nostra comprensione del mondo e della leadership. Tuttavia, come sottolinea l’autore di Harvard Business Review, sviluppando un pensiero più orientato alla causa ed effetto, possiamo migliorare la nostra comprensione e la nostra capacità di influenzare la realtà che ci circonda.

8. Piccoli cambiamenti possono produrre grandi risultati, ma le aree di maggiore leva economico-finanziaria sono spesso le meno ovvie.

L’idea che i piccoli cambiamenti possono produrre grandi risultati è stata sottolineata da molti autori e studiosi. Ad esempio, nel suo libro “The Compound Effect”, Darren Hardy sottolinea che “è l’effetto cumulativo di piccole azioni ripetute nel tempo che porta al successo“. In altre parole, non è necessario fare grandi sforzi o cambiamenti radicali per raggiungere i propri obiettivi, ma piuttosto fare piccoli passi costanti nella giusta direzione. Inoltre, James Clear nel suo libro “Atomic Habits” sostiene che “l’ 1% di miglioramento quotidiano si traduce in un aumento del 37% nell’arco di un anno“. Questo significa che anche le modifiche più piccole nella nostra routine quotidiana possono avere un impatto significativo sul lungo termine.

Anche se i piccoli cambiamenti possono produrre grandi risultati, ci sono anche aree meno ovvie che possono avere un impatto significativo sulla nostra vita finanziaria. Ad esempio, un articolo del Harvard Business Review suggerisce che “l‘investimento più importante che puoi fare è nella tua capacità di guadagnare denaro“. Ciò significa che investire in se stessi, ad esempio acquisendo nuove competenze o migliorando la propria formazione, può avere un impatto maggiore sulla vita finanziaria a lungo termine rispetto agli investimenti tradizionali.

9. Puoi avere la tua torta e mangiarla anche tu, ma non subito.

Bianco e nero. In così tanti casi pensiamo che qualcosa sia un problema “o/o” quando in realtà è un dilemma che può diventare entrambi “e/e” se cambiamo il modo in cui pensiamo al problema e lasciamo che le soluzioni funzionino. Invita le parti interessate nel processo di immaginazione di possibili soluzioni e potenziali risultati a lungo termine.

In molti casi, tendiamo a pensare ai problemi in modo binario, cioè come una scelta tra due opzioni opposte e incompatibili tra loro. Ad esempio, potremmo pensare di dover scegliere tra fare soldi o essere felici, avere successo o avere una vita familiare appagante, proteggere l’ambiente o promuovere lo sviluppo economico. Tuttavia, spesso questi non sono problemi o/o, ma dilemmi che richiedono una soluzione entrambi/e.

10. Dividere un elefante a metà non produce due piccoli elefanti.

Nel mondo organizzativo e aziendale, l’incapacità di vedere il sistema nel suo insieme può causare una serie di problemi. Come sottolinea il noto adagio, “dividere un elefante a metà non produce due piccoli elefanti“. Questa metafora si applica perfettamente alle organizzazioni, dove gli elementi del sistema sono strettamente interconnessi e interdipendenti.
In molti casi, le persone e le Organizzazioni cercano di analizzare le parti del sistema in modo indipendente, senza considerare l’interazione tra di esse. Tuttavia, questa soluzione è inefficace e può portare a una serie di problemi, poiché ciò che funziona per una parte del sistema potrebbe non funzionare per un’altra. Inoltre, come evidenziato da un altro articolo pubblicato su Forbes, “L’approccio sistemico richiede la collaborazione di molte parti interessate, ciascuna con il proprio punto di vista unico“. Ciò significa che è importante coinvolgere molte persone con diverse prospettive per ottenere una visione completa del sistema aziendale.

In un’organizzazione, in cui le funzioni hanno un budget assegnato e una serie di indicatori di prestazione, queste competenze (persone con una serie di abilità) devono essere utilizzate per aumentare l’efficienza funzionale. Qualsiasi tentativo di sottrarre queste competenze a una funzione e utilizzarle per un progetto “aziendale” è percepito come una minaccia al “successo” di quella funzione.

Io sono la mia posizione. Le persone non sono in grado di riconoscere il loro scopo come parte dell’impresa. Invece, essi si vedono come parte insignificante di un sistema su cui hanno poca influenza, portandoli ad accontentarsi degli incarichi che devono svolgere per il proprio ruolo organizzativo. Ciò rende difficile individuare il motivo della mancata condivisione della visione d’impresa, con tante ‘viti allentate’ nascoste intorno”. Peter Senge

L’efficenza divisionale (per funzioni, per reparti, per mansioni, posizioni, ecc,) e sempre fuorviante, la Teoria dei Vincoli ci porta sempre a considerare che l’unica efficienza è data dal flusso (velocità, Throughput) del valore generato dall’intero sistema produttivo/organizzativo!

11. Non è sempre “colpa degli altri…“.

C’è sempre la responsabilità all’interno di un sistema adattivo complesso e come spesso siamo portati a cercare di incolpare qualcun altro piuttosto che assumerci la piena responsabilità. Secondo questa prospettiva, tutti gli elementi del sistema sono connessi tra loro e co-creano l’intero sistema, rendendo difficile separare un singolo elemento come causa del problema. La sfida è assumersi la responsabilità di fronte a questa complessità e invitare gli “avversari” a partecipare al processo decisionale per mantenere la stabilità del sistema.

Senge suggerisce: “La cura sta nelle relazioni con le stesse persone che di solito incolpiamo per i problemi che stiamo cercando di risolvere. Se vuoi risolvere problemi complessi, devi costruire relazioni solide con coloro che li affrontano…”

In un articolo pubblicato su Harvard Business Review, gli autori David Peter Stroh e David Sawyer sostengono che assumersi la piena responsabilità è un passaggio cruciale per la risoluzione dei problemi in un sistema complesso. Secondo gli autori, “ogni persona coinvolta in un sistema complesso è in parte responsabile dei risultati che quel sistema produce. Nessuno è totalmente responsabile, eppure tutti sono responsabili. Questa è la natura della responsabilità condivisa.” (Stroh & Sawyer, 2013).

Conclusioni

Il cambiamento è un aspetto fondamentale in un sistema adattivo complesso, ma spesso si scontra con la resistenza delle persone. Per affrontare questo problema, la Teoria dei Vincoli sviluppata da Eliyahu M. Goldratt può offrire una soluzione. Secondo questa teoria, è possibile facilitare il cambiamento individuando i vincoli all’interno del sistema e agendo su di essi.

  • In un sistema complesso, il vincolo è la causa principale dei problemi, ovvero l’elemento che impedisce al sistema di funzionare in modo efficace. La ToC si focalizza sull’identificazione di questo vincolo, che può essere di natura tecnologica, organizzativa, o di qualsiasi altro tipo. Una volta individuato il vincolo, la ToC sviluppa soluzioni innovative per superarlo e migliorare le prestazioni dell’intero sistema.
  • In sintesi, la Teoria dei Vincoli può essere una soluzione per superare la resistenza al cambiamento all’interno di un sistema adattivo complesso. Identificando il vincolo principale e agendo su di esso, è possibile sbloccare il potenziale di miglioramento del sistema e aumentare la produttività e la redditività.

Per approfondimenti vedi anche: Le cinque discipline di Peter Senge: “L’organizzazione che apprende”. Ecco una sintesi delle cinque discipline:

  1. La padronanza personale è una disciplina per chiarire e approfondire continuamente la nostra visione personale, per concentrare le nostre energie, per sviluppare la pazienza e per vedere la realtà in modo obiettivo.
  2. I modelli mentali sono presupposti, generalizzazioni o persino immagini di immagini profondamente radicate che influenzano il modo in cui comprendiamo il mondo e il modo in cui agiamo.
  3. Costruire una visione condivisa – una pratica per portare alla luce immagini condivise del futuro che promuovono un impegno e un’adesione autentici piuttosto che la conformità”. 
  4. L’apprendimento in team inizia con il ‘dialogo’, la capacità dei membri di un team di sospendere le supposizioni ed entrare in un autentico ‘pensare insieme’. 
  5. Pensiero Sistemico – La Quinta Disciplina che integra le altre quattro.

Fonti utilizzate in questo articolo:

  • Cos’è la Teoria dei Vincoli (ToC) e i cinque passi focalizzanti (five focusing steps)
  • The Fifth Discipline di Peter Senge e J. Billingham da Thoughtexchange.com
  • Senge, Peter. “The Fifth Discipline: The Art and Practice of the Learning Organization.” Doubleday/Currency, 1990.
  • ToC – Theory of Constraints (Teoria dei Vincoli) sviluppata da Eliyahu M. Goldratt
  • Schein, Edgar. “Process Consultation Revisited: Building the Helping Relationship.” Addison-Wesley, 1999.
  • Stroh, D. P., & Sawyer, D. C. (2013). Systems thinking for social change: A practical guide to solving complex problems, avoiding unintended consequences, and achieving lasting results. Chelsea Green Publishing.
  • Forbes: “The Power of Systems Thinking: A Foundation for Strategic Agility” di Steve Denning
  • Schragenheim, E., & Ptak, C. A. (2013). The real story behind the success of the theory of constraints. Harvard Business Review, 91(6), 78-86.
  • Antonelli, V., & Gualco, L. (2016). Theory of constraints: the Unilever case. Business Case Journal, 23(2), 53-69.

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