In questo articolo propongo tre marco atteggiamenti che sono distruttori delle carriere professionali e che rispondono alla domanda: “Come posso distruggere la mia carriera lavorativa?”. Lo sviluppo della carriera, intesa come “il percorso personale di un individuo nella vita lavorativa e/o professionale”, potrebbe essere rallentato o compromesso dal perseguire questi tre atteggiamenti:

  1. Aspettarti che lo sviluppo della carriera dipenda dall’azienda per cui lavori.
  2. Coltivare la paura del cambiamento.
  3. Continuare ad avere atteggiamenti passivi e da yes-man nei confronti del tuo superiore.  

Questi tre atteggiamenti si combinano tra di loro generando una specie mindset del tirare a campare nel quale potrebbe essere trascinato anche il tuo benessere personale, non solo la tua crescita professionale.

Dalla mia esperienza di Cereer Coach e Business Coach nelle aziende ho trovato diversi fattori che impediscono lo sviluppo di una carriera. Questi sono gli atteggiamenti più frequenti che ho trovato nelle persone che hanno un lavoro dipendente con cui ho fatto Percorsi di Coaching (sia all’interno delle aziende che privatamente).

Riporto qui di seguito i tre principali atteggiamenti che possono distruggere la vostra carriera e che sono quindi da evitare:

1. Aspettarti che lo sviluppo della carriera dipenda dall’azienda per cui lavori.

Mi rendo conto che l’appartenenza, la fedeltà aziendale, l’attaccamento ai valori dell’azienda siano aspetti importanti e a volte sono considerati fattori chiave nella selezione del personale. Fino a che punto questa fedeltà e continuità è un valore? Quando diventa un limite per il lavoratore? Se è un limite per il lavoratore, non lo diventa anche per l’azienda (e viceversa)?

Non siamo negli USA ma neanche il mercato del lavoro italiano ê bloccato da carriere pluridecennali nelle stesse aziende e con poca mobilità (bassa domanda e offerta di lavoro) e ciò è un grande vantaggio per i lavoratori e non solo per le aziende. I dati del 2021 sulle “dimissioni volontarie” sono in forte crescita.

La prospettiva professionale investe ciò che ami fare e ciò che sei bravo/a a fare

Con lo sviluppo del vostro potenziale, dei vostri talenti e delle vostre competenze: l’azienda è l’ambiente produttivo che riconosce il tuo valore e che ti paga in questo momento e per ciò che fai (ruolo).

Le carriere di lunga durata nella stessa azienda, con carriere gestite da HR Human Resource Manager lungimiranti, da leader (AD, CEO) illuminati che investono nella durata oltre che nel sviluppo potenziale umano (grasso che cola) sono (sempre più?) rare!

Qual è la durata del ciclo di vita del vostro ruolo dentro all’azienda per cui lavorate? A che punto è questo “ciclo”? È in crescita o in declino (la stabilità non esiste)?

Dalle riposte a queste domande dipende lo sviluppo della tua carriera. Non aspettare che sia l’azienda per cui lavori a farsele e a darsi le risposte che inevitabilmente saranno collegate alle tue performance…

2. Coltivare la paura del cambiamento

La paura di cambiare alimenta la permanenza in un’azienda o in un ruolo aziendale che non da più prospettive di crescita (vedi punto precedente). Le statistiche dicono che tra il 40 e il 60% delle persone cambierebbero lavoro/azienda se ne avessero l’opportunità.

In Italia solo il 5% delle persone è soddisfatto del proprio lavoro.

Da un’indagine Gallup risulta che i livelli medi di engagement dei lavoratori a livello nazionale: 5% engaged, 64% not engaged e 31% actively disengaged e che il 68% di tutti i dipendenti non è emotivamente legato al proprio datore di lavoro.

A fronte di questi fatti ci sono:

  • a) Aziende che si mettono in ascolto con indagini sul Clima Organizzativo per rilevare il livello di engagement e per dare delle risposte (o almeno ci provano).
  • b) Aziende che non fanno indagini sul Clima Organizzativo o per paura di aprire il vaso di Pandora e di scoprire il livello di engagement dei loro collaboratori o perché non si pongono il problema (non so cosa sia peggio).
  • c) Aziende che fanno indagini sul Clima Organizzativo taroccando le domande, con la compiacenza dei consulenti e/o delle HR, per fare vedere che il problema di engagement non c’è o che non dipende dalla Direzione.

La tua è un’azienda che si comporta in modo a), b) o c)? Potresti scoprirlo.

Aziende che hanno paura di cambiare attraggono e trattengono le persone conservative e che condividono la stessa resistenza al cambiamento. Per le persone, questa paura potrebbe essere frutto dell’indolenza e di un bias che fa vedere la carriera come una permanenza perenne delle condizioni di un “presente perpetuo”  che si spende attivamente perché tutto rimanga uguale. L’hai sicuramente già sentito sotto forma della frase più comune e temuta:

è sempre stato così”.

Cosa tiene legate le persone al proprio posto di lavoro? Sicuramente le scarse opportunità dell’offerta di lavoro ma soprattutto: la paura del cambiamento, dell’uscita dall’area di confort e delle abitudini consolidate. Le situazioni e i contesti cambiano (le competenze, i concorrenti, il mercato, i clienti, i prodotti, l’economia…) molto velocemente e aggrapparsi allo status quo può avere l’effetto della “rana bollita” (che sta piacevolmente nell’acqua tiepida della pentola e non si accorge che sta per essere “cucinata”): anche il sentirsi “arrivati” è un potente segnale di allarme e dì assuefazione, quindi.

3. Avere atteggiamenti passivi e/o da yes-man nei confronti del tuo superiore.  

Questo atteggiamento rafforza il punto 1. (far dipendere la carriera dall’azienda) magari prendendo l’esempio da altri yes-man che vengono promossi nell’Organizzazione.

Come potrà crescere la vostra sopra citata “prospettiva professionale” in un’azienda che non premia le competenze, i risultati e il merito? Siete sicuri che facendo lo yes-man si ottiene il rispetto dei vostri colleghi… e del vostro capo?

Un superiore, un capo che non riconosce adeguatamente il tuo apporto, i tuoi meriti, che fa il divide et impera in un contesto che induce a “fare politica” a istigare conflitti, che vi costringe a scegliere fazioni a danneggiare i colleghi , ecc. prima o poi vi pone difronte a un bivio:

  • è l’azienda a dover cambiare questo “capo” (favorendo il merito e non una collaborazione asservita, ricattata, umiliata)
  • oppure sei tu che devi mettere in discussione la situazione ed eventualmente cambiare azienda se non la situazione non si risolve (vedi punto 2)… soprattutto se il tuo capo è a sua volta uno yes-man dell’AD o del CEO.

Rimanere passivi e non imboccare le domande di questo bivio comporta l’oblio della sopravvivenza , necessaria, certo (si lavora per vivere), ma questa sopravvivenza è non evolutivamente collegata con la vostra crescita personale! Fino a che punto e/o per quanto tempo sei disposto a sacrificarla? Solo tu puoi stabilire un limite e agire di conseguenza.

Conclusioni? Occorre mettersi in gioco, il miglior momento è: adesso!

Il mercato del lavoro è in movimento, le aziende cercano persone con nuove competenze… Le opportunità le trovano chi si mette in gioco, chiedendo percorsi formativi, esplorando le possibilità date dalla mobilità interna all’azienda… e se questo non è possibile, se avete la prospettiva di non migliorare, di non imparare e di non cambiare quello che state facendo: occorre alzare lo sguardo verso l’orizzonte della vostra vita-lavoro-carriera.

Avete certamente notato che questi tre punti sopra riportati (far dipende la carriera dall’azienda, la paura di cambiare e la passività dello yes-man) sono molto intrecciati. Basta però la presenza anche di uno di questi vostri atteggiamenti per farvi da forte segnale d’allarme sulla vostra carriera.

… E se questi atteggiamenti non sono i vostri ma sono presenti e/o li notate nel vostro ufficio, gruppo, reparto? Fate attenzione anche a questo, perché il clima organizzativo e la cultura aziendale che vi circonda prima  o poi vi ingoierà in queste abitudini e vi presenterà un conto che si chiama rinuncia (adattamento al ribasso): in fin dei conti “si lavora per lo stipendio”… giusto (paura di cambiare)?

Che fare? Occorre mettersi in gioco e il miglior momento per farlo è adesso.

Se vuoi, puoi. Se puoi devi. La tua crescita umana e professionale non è procrastinabile.

L’obiettivo di questo articolo comunque non era la risposta ala domanda del cosa fare, ma l’indicazione del cosa NON fare, l’opposto è comunque il cosa fare. Altre proposte sul “cosa fare” le trovate nei link sotto riportati e in molti altri post che pubblico con cadenza costante.

Post collegati a questo articolo:

Vedi anche http://www.wikicoaching.it/coaching/career-coaching/

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